Un “modello Milano” per la giustizia

Un “modello Milano” anche all’interno del Palazzo di Giustizia.

Un “modello Milano” anche all’interno del Palazzo di Giustizia. Per favorire l’attrattività della città a livello internazionale, che trova il suo apice nella candidatura a una delle tre sedi centrali del Tribunale unificato dei brevetti, in sostituzione di Londra in caso di Brexit. A questo proposito, l’Ordine degli avvocati, d’intesa con la Corte d’appello, ha istituito un tavolo di lavoro con il comune di Milano e la regione Lombardia. È solo una delle prossime sfide che affronterà il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Milano, che si è rinnovato a inizio aprile con l’elezione a presidente di Vinicio Nardo, subentrato a Remo Danovi per il quadriennio 2019-2022. Tra le priorità del suo mandato, la regolamentazione contrattuale dell’attività di monocommittenza, la riduzione dei tempi di pagamento nel patrocinio a spese dello stato, l’aggiornamento dei protocolli con gli uffici giudiziari per l’adeguamento dei compensi degli avvocati, l’attività di vigilanza sull’applicazione dell’equo compenso. È quanto ha sottolineato il nuovo presidente, Nardo, intervistato da Le Fonti Legal.

Presidente, quali sono le priorità del suo mandato?
Il manifesto con il quale ci siamo presentati indica temi e azioni specifiche, che si possono sintetizzare in due propositi: sintonizzarsi con la città e le necessità della professione e dei colleghi, soprattutto giovani; vigilare e promuovere la tutela dei diritti e la buona amministrazione della Giustizia. È fondamentale che ci sia disponibilità all’ascolto, al confronto, al dialogo sia nel Consiglio sia con la società, anche consultando i colleghi e le realtà associative e rappresentative.

Quali i punti salienti del suo programma?
Il nostro intento è quello di costruire un Consiglio dell’Ordine aperto alla società, dialogante con le istituzioni e le forze economiche della città, realmente internazionale, utile e concreto nel sostenere la crescita professionale dei giovani avvocati e di tutta l’avvocatura. Vogliamo portare il “modello Milano” anche dentro il Palazzo di Giustizia. Milano è pienamente inserita nelle dinamiche internazionali ed europee. L’Ordine può contribuire a rendere comprensibile la realtà giudiziaria italiana ai colleghi stranieri e ai loro clienti, che vogliono investire e operare qui ma sono spesso intimoriti dai tempi e dalle incertezze normative e interpretative. Vogliamo favorire l’attrattività della città, perciò condividiamo la candidatura, in sostituzione di Londra in caso di Brexit, a una delle tre sedi centrali del Tribunale unificato dei brevetti. D’intesa con la Corte d’appello abbiamo appena istituito un Tavolo di lavoro, coinvolgendo Comune di Milano e Regione Lombardia.

Quali sono le principali problematiche che sta vivendo l’avvocatura? E in che modo l’Ordine si rivolgerà alle varie anime dell’avvocatura milanese, composta anche dai cosiddetti avvocati d’affari?
Il numero obiettivamente elevato degli iscritti e la situazione economica non florida, nel Paese ma anche in Europa e nel mondo, certamente non aiutano. Ai professionisti si richiedono competenze molto specifiche, per contribuire al sapere complessivo di una squadra di avvocati o di un team interprofessionale. Per questo vedo una complementarietà, non un insanabile contrasto, tra le difficoltà e le esigenze dei giovani avvocati e quelle dei grandi studi associati, nei quali la maggior parte dei giovani opera. Una realtà da approfondire, per conciliare l’autonomia e l’indipendenza di ciascun avvocato con la definizione anche contrattuale di modalità sempre più frequenti di svolgimento dell’attività, come la monocommittenza, che riguarda soprattutto i giovani colleghi attivi nei grandi studi. Ci sono poi situazioni apparentemente minori, ma importanti per migliaia di avvocati. Bisogna ridurre i tempi di pagamento nel patrocinio a spese dello Stato; aggiornare i Protocolli con gli uffici giudiziari per adeguare i compensi; vigilare sull’applicazione dell’equo compenso; sollecitare procedure semplificate per il recupero dei crediti professionali. Senza dimenticare, attraverso la Fondazione Onlus, le situazioni di disagio personale e familiare di molti colleghi.

Il seguito dell’intervista è pubblicato sul numero di maggio di Le Fonti Legal

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