Obiettivo: recuperare fiducia nelle istituzioni

Nei fatti la riforma Orlando sta dimostrando alcune criticità mentre il whistleblowing è ancora lontano dalla nostra cultura. E mancano gli strumenti giuridici per affrontare i crimini transnazionali. È quanto sostiene Giuseppe Fornari.

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Il diritto penale sta vivendo una fase di importanti novità legislative. Tra i provvedimenti che, negli ultimi 12 mesi, hanno acceso il dibattito tra gli esperti del settore, ci sono la riforma Orlando e la legge sul whistleblowing. La prima, approvata con voto di fiducia il 14 giugno 2017 dalla Camera dei deputati, ha modificato l’ordinamento penale, sia sostanziale sia processuale, nonché l’ordinamento penitenziario; la seconda, giunta solo cinque mesi più tardi, ha segnato una svolta nella tutela dei dipendenti che segnalano attività illecite nel contesto lavorativo. Nonostante la portata innovativa dei due provvedimenti, restano ancora dei dubbi relativi alla loro efficacia e al loro adeguamento alla cultura giuridica del nostro Paese. Di questi temi, così come delle prospettive future del penale dell’economia, ne ha parlato a Le Fonti Legal, Giuseppe Fornari, name partner e fondatore di Fornari e Associati, che ha anche descritto le strategie e le principali attività dello Studio.

Ad un anno dalla promulgazione della Riforma Orlando, qual è, secondo lei, il bilancio che si può tracciare? E per entrare più nello specifico, ritiene che le modifiche siano coerenti con i propositi del legislatore?

Quello della Riforma Orlando è un tema particolarmente caldo. Del resto, non potrebbe che essere così data la portata delle modifiche legislative, che hanno riguardato sia gli aspetti sostanziali che processuali dell’ordinamento penalistico. È stato un iter legislativo lungo e travagliato, che, secondo una mia preliminare impressione, ha partorito un prodotto finale dalla dubbia coerenza con i propositi iniziali e con gli interventi normativi precedenti. Come si è soliti dire in queste occasioni, si poteva e si doveva sicuramente fare di più. Gli obiettivi prefissati, mi riferisco al miglioramento delle garanzie difensive e alla concreta attuazione del principio costituzionalmente protetto della ragionevole durata del processo, per quanto si sia cercato di perseguirli con uno sforzo sicuramente apprezzabile, non sono stati secondo me raggiunti appieno. Si è infatti intervenuti in maniera un pò disorganica, traducendo i buoni propositi in modifi che normative spot, rivolte, da un lato, ad incentivare l’utilizzo della giustizia riparativa e, dall’altro, a snellire la macchina processuale, così finendo per consegnare nelle nostre mani un prodotto ancora più complesso. Specie per quel che riguarda gli aspetti processuali, si è dato vita ad un articolato iter riformatore, che ha coinvolto tutte la fasi del processo: dal funzionamento delle indagini preliminari sino a giungere al tanto ricercato snellimento del giudizio di legittimità. In tutto ciò, ci tengo ovviamente a precisare una cosa: per quanto i tratti distintivi della riforma non mi convincano appieno, prima di spendere un giudizio maggiormente approfondito e con cognizione di causa, bisognerà attendere il tempo fisiologico affinché i Tribunali e le Procure possano digerire gli spunti normativi. Soltanto i risvolti pratici, in effetti, ci permetteranno di capire quanti passi in avanti abbiamo fatto e quanti ulteriori ne dovremo fare.

Colgo il suo spunto finale, dunque, per domandarle quali sono, a suo avviso, le prospettive riformatrici future e in che direzione dovrebbero puntare?

L’auspicio è che la ricerca di un più efficiente funzionamento della macchina della giustizia, tanto invocata, possa essere perseguita e raggiunta attraverso una seria e robusta depenalizzazione dei reati bagatellari, un ampliamento dei sistemi di riparazione del danno finalizzati all’estinzione del reato, l’innalzamento della soglia di non punibilità con riferimento ai reati di natura economica e l’estensione dell’istituto della particolare tenuità del fatto. In ogni caso, non posso che augurarmi che ogni intervento legislativo sia rispettoso delle garanzie dell’imputato e del diritto di difesa, così da salvaguardare un accertamento della verità secondo i canoni di giustizia, e quindi giusto. Infine, sarebbe importante provvedere a fornire una maggiore organicità alla materia penale, con particolare riferimento alle numerose recenti modifiche legislative.

Il whistleblowing ha segnato una svolta. Secondo lei, in Italia, lo strumento avrà la stessa diffusione che ha avuto nei paesi di matrice anglosassone, o manca ancora una “cultura” della denuncia?

Il whistleblowing impatta in maniera più che considerevole sull’organizzazione interna delle aziende italiane, sia pubbliche che private, nonché, oserei dire, sui valori culturali ed etici con i quali si approc- cia chi segnala l’illecito, che necessitano ancora, evidentemente, di un po’ di tempo per maturare nella società italiana. Vi è poi il tema della corretta individuazione del destinatario delle segnalazioni all’interno dell’azienda, motivo per cui, oltre che per la delicatezza della responsabilità affidata, numerose aziende, specie quelle con strutture organizzative più complesse, che hanno la necessità di tutelare asset e attività, decidono di ricorrere all’outsourcing, individuando figure esterne specializzate. Il nostro Studio, infatti, per esempio, è già pronto e impegnato a fornire questo tipo di supporto. Vi è infine il tema ulteriore, forse meno enfatizzato ma sicuramente non meno importante, che riguarda la tutela della persona oggetto di un eventuale segnalazione. Anche su questo saremo probabilmente chiamati a riflettere nei prossimi anni, non appena lo strumento del whistleblowing troverà piena applicazione.

Tra i vostri clienti, compaiono importanti players del settore dell’energia e della finanza. Quali sono i temi che si presentano più di frequente in procedimenti penali complessi?

Il diritto penale, anche in questi settori, segue delle logiche in parte analoghe agli altri procedimenti in materia di diritto penale dell’impresa, ove si tratta di assistere e rappresentare importanti realtà nazionali o internazionali in vicende che toccano non solo la responsabilità penale, ma anche rilevanti interessi economici. Trattandosi di tematiche complesse, per assicurare il più alto livello di qualità del nostro lavoro, risulta spesso prezioso il coinvolgimento di più professionisti con diverse specializzazioni, riuniti, sulla base delle competenze necessarie per lo specifico mandato, in team di progetto. Solo un’assistenza tailor made è in grado di as- sicurare ai nostri clienti un’adeguata tutela dei delicati profili che vengono in rilievo in questo tipo di procedimenti e che riguardano tanto la tutela delle persone coinvolte quanto i riflessi negativi che potrebbero derivare, in un mondo globalizzato, all’attività economica dei soggetti coinvolti in un procedimento penale che, per il solo fatto di essere coinvolta, rischia di subire importanti danni, economici e non. A questo si aggiunga che, spesso, soprattutto in materia ambientale, insieme alle questioni economiche, vengono in rilievo diritti e interessi di importanza primaria, quali, ad esempio, quello della salute, dell’ambiente o dell’occupazione dei lavoratori, al cui bilanciamento dovrà provvedere il giudice penale. Il magistrato, in questi casi, sarà chiamato ad accertare la responsabilità penale, in un difficile bilanciamento tra valori primari della nostra società e del nostro tempo.

Il vostro settore di riferimento è il diritto penale dell’economia, quali sviluppi prevede per il futuro?

Anche il diritto penale deve confrontarsi con un mondo che cambia e si evolve. La globalizzazione pone delle sfide che anche il diritto deve saper cogliere, interpretare ed affrontare, dotandosi di strumenti e regole che consentano di affrontare i crimini su scala transnazionale. Direi che le sfide principali che si pongono dinanzi a noi sono principalmente due: la prima, di carattere ordinamentale, riguarda, appunto, la costruzione di una cornice comune attraverso la necessaria armonizzazione tra le norme di Paesi diversi, quantomeno nello spazio giuridico europeo; la seconda concerne invece la predisposizione di un efficiente sistema di coordinamento ai fini di una miglior difesa e assistenza ed evitare il rischio di double jeopardy, ovvero di doppie incriminazioni per un medesimo fatto.

Quale bilancio si sente di fare dell’attività dello Studio?

Fondare una nuova boutique che porta il tuo nome è una grande sfida sia per se stessi che per i professionisti coinvolti nella nuova avventura. Ho la fortuna di lavorare con una squadra di primo livello, alla cui costruzione, negli ultimi anni, ho dedicato tempo e attenzione. Sono lieto di constatare che i valori, la passione, la professionalità e la dedizione, che contraddistinguono il nostro team siano riconosciuti e apprezzati dal mercato. Fornari e Associati, con quindici professionisti e due sedi, a Milano e a Roma, è oramai una realtà consolidata a livello nazionale. Di questo non posso che essere orgoglioso.

Fornari e Associati è parti- colarmente attivo anche nei convegni. Quanto è importante per voi questo tipo di attività?

Direi che è fondamentale. Siamo da sempre impegnati nella partecipazione e nell’organizzazione di convegni sui principali temi di attualità che riguardano la nostra professione. Collaboriamo con le principali riviste scientifiche del settore. Teniamo molto ai nostri rapporti con il mondo dell’università, con cui collaboriamo non solo nell’ambito delle attività scientifiche ma altresì per offrire a studenti e neolaureati opportunità di contatto con il mondo della professione.

Un auspicio per il futuro?

Che la giustizia possa divenire, per il nostro Paese, motivo di orgoglio. Sembrerà banale ma in un momento storico come questo, dominato dalla disaffezione e dalla delusione dei cittadini nei confronti del “sistema Paese”, registro la necessità assoluta di recuperare il senso delle istituzioni, che si nutre di fiducia e rispetto. Avere fiducia e rispetto nel sistema giustizia significa averlo nei confronti del nostro Paese.

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